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L’emozione di una magiaguarda le foto dell'escursione

 

Qualcuno dice che il destino di ognuno è già scritto. In questo caso anche il CAT ha potuto constatare che …era già deciso così.

Infatti, la scelta di passare il fine anno ed i primi giorni del 2004 è ricaduta su Castelluccio solo dopo una serie di trattative risultate inutili. Ci siamo ricordati di aver trascorso alcuni anni fa delle belle giornate alloggiando all’Hotel Sette e mezzo di Castelluccio Superiore e…la prima fase del destino si era già compiuta.

Abbiamo in breve tempo esaurito le prenotazioni e formato una corposa spedizione. Non voglio fare però un dettagliato “diario di bordo” dei quattro giorni trascorsi in questo splendido posto e, quindi, non me ne voglia Massimo se lo ringrazio per la squisita ospitalità con poche parole e non si offendano tutti i componenti del gruppo se mi permetto di ricordare solo la piacevole presenza di un manipolo di bambini che hanno reso ancora più “familiare” questa vacanza. Non voglio esaurire con poche righe il tempo allegramente trascorso in Hotel giocando a burraco, tombola (visto che premi ??!!) o esercitandoci in faticosissimi addominali da tavola-   Non si offendano i fantastici panorami che abbiamo potuto ammirare dal Monte Messina e dal Monte Zàccana; quelle emozioni sono scolpite nelle nostre memorie e, parzialmente, nelle nostre macchine fotografiche.  Quello che voglio raccontare è la magia che il destino aveva riservato agli ultimi temerari nella giornata del 4 gennaio.

Avevamo già da tempo preparato questa escursione che avrebbe avuto luogo sulla via del ritorno verso Bari. Nei nostri programmi sarebbe dovuta essere una media escursione di qualche ora ma…di nuovo il destino interviene: partiamo con un’ora abbondante di ritardo dall’albergo e arriviamo al punto di partenza che sono già le 11,30. Qualche altra defezione e la salita verso il Monte Caramola inizia.

Su strada inizialmente asfaltata, ma comunque ricoperta da una decina di centimetri di neve, ci innalziamo rapidamente fino ai 1311 metri di Fonte Preziosa.  Lo spettacolo è di un candore abbagliante ed una breve sosta si rende necessaria. La vicina sorgente ci invita a bere l’acqua limpida e fresca (non gelata!) che sgorga. 

Riprendiamo a salire ( probabilmente su sterrata, visto che ora lo spessore del manto di neve è aumentato e non si riesce a vedere il suolo) immergendoci lentamente in un bel bosco. In brevissimo tempo raggiungiamo il Lago d’Erba, completamente gelato; un forte odore di zolfo tradisce la presenza di una sorgente sulfurea in zona. Dopo qualche foto ci inoltriamo in uno spettacolare bosco di abeti bianchi; la neve abbondantissima ed improvvisi rigagnoli semi ghiacciati completano questo quadro. La nostra presenza variopinta dà quasi fastidio agli occhi, ma la voglia di immagazzinare visivamente quel paesaggio è davvero forte. 

Dopo pochi metri di salita, in piena località Ciuccio morto, altre tre defezioni; rimaniamo in dodici (dieci adulti e due ragazzi) ed è solo a noi che il destino riserva ciò che a breve si compirà.

Dopo circa un chilometro dall’ultima defezione ci fermiamo per un frugale pranzo; sono le 14,30 circa.

Ci ripariamo in un avvallamento; pochi metri più in là il freddo è davvero intenso ed il vento taglia il naso. Lo spettacolo però è davvero emozionante. Il massiccio del Pollino è lì, maestoso, davanti a noi. Solo qualche varco di azzurro del cielo ci convince che non è una visione in bianco e nero. L’unico commento possibile di questa sensazione è il silenzio che ci circonda.      

Verso le 15,00 decidiamo di ripartire alla volta della cresta del Caramola. Ancora un centinaio di metri di dislivello in salita ed inizierà la discesa…

Ed ancora il destino lascia una traccia…forse quella decisiva.

Sappiamo bene che faremo appena in tempo ad arrivare con la luce alle macchine; procediamo però lentamente forse per la salita, forse per la tanta neve o forse perché ci fermiamo ad ammirare ogni particolare che questa cresta ci riserva: la leggera foschia che avvolge la vegetazione, le sculture di ghiaccio sui rami degli alberi, il fascino di questa cresta sottile ma accogliente.

Qualcuno di noi avverte un desiderio irrefrenabile di rotolarsi nella neve, altri non perdono occasione per scattare foto e probabilmente altri immaginano il momento in cui, dopo una bella doccia calda, mangeranno qualcosa di nutriente.

Alle 16,30 il destino si compie: ecco la discesa, l’entusiasmo di essere vicini alle auto(!!), un canalone ingannevole. 

 

La luce lentamente si affievolisce, il responso del GPS è inappellabile: siamo fuori pista. Dovremo aggirare il Monte Caramola in direzione prima NO e successivamente NE risalendo leggermente. Controlliamo le lampade (oramai la luce solare è un tiepido ricordo), il cielo è coperto, il timore di far tardi aumenta; all’improvviso tutto si trasforma in una esperienza irripetibile…

La luna piena squarcia prepotentemente le nuvole ed illumina intensamente il tappeto di neve sul quale da tempo camminiamo. Il cielo è un manto di stelle, ci sarebbe da fermarsi per ore ad ammirarlo. Il freddo diventa una sensazione secondaria : è tutto troppo bello, troppo unico…

Quella sensazione di “smarrimento” che ha preso in un primo momento qualcuno di noi, lentamente sparisce per far posto a qualcos’altro.

Il silenzio da favola che ci circonda è rotto solamente dalle luci in lontananza di Mezzana Torre e Villaneto e dai nostri passi che affondano nella neve rompendo il sottile strato ghiacciato.

La fatica si fa sentire, ma la magia che stiamo vivendo compensa ogni sforzo. Sembra un paesaggio Lappone, l’immagine di un film o il ricordo d’infanzia  di una favola  natalizia. E’ solo in momenti come questi che vengono messe alla prova in maniera netta le nostre sensazioni, la nostra resistenza fisico-mentale e i nostri ricordi.

In quel contesto quasi irreale abbiamo la consapevolezza che le nostre sensazioni sono l’unica novità ad alterare decisamente  l’equilibrio ambientale.

Il riflesso lunare fa brillare le piccole stalattiti di ghiaccio sugli alberi e ci rendiamo conto che nessuno di  noi ha acceso la torcia. Gli occhi si sono abituati al chiarore lunare e godono di quei giochi di luce e di quelle penombre.

L’inizio della discesa ci preannuncia l’arrivo alle auto; un sottile brivido di dispiacere mi attraversa. Quella magia sta per terminare.

Alle 20,00 siamo alle auto, ognuno racchiuso nei propri pensieri.  Decidiamo così di fermarci tutti a mangiare una pizza per “esorcizzare” la giornata.

Il responso del GPS, successivamente, sarà impietoso : circa 600 metri di dislivello e quasi 16 Km lineari.

Oggi, mentre scrivo, mi rendo conto che nonostante non abbiamo una foto di quelle ore, il ricordo è fortissimo ed indelebile.

L’emozione di questa magia non è ancora terminata.        

Corrado P.

 

 

Una memorabile escursioneguarda le foto dell'escursione

Ancora oggi, davanti ai miei occhi, corrono immagini vive e pregne di emozioni che non sarei in grado di trasmettervi con queste righe.

Se volessi usare i “colori” della natura, il bianco ovattato ed immacolato della neve ed il nero delle tenebre, dipingerei nella vostra mente un paesaggio irreale e senza colori.

Ma tutto ciò stimola comunque la mia mente nel cercare di rappresentare il vissuto di una esperienza bella quanto unica…

 Castelluccio Superiore (PZ),

4 gennaio 2004.

 

Lasciare l’albergo che ci ha ospitati, quando si hanno da raccogliere “armi e bagagli” risalenti addirittura all’anno precedente, non è cosa facile per molti dei 26 componenti il gruppo, se a questo aggiungiamo la presenza di alcuni bimbi in tenera età allora sarà facile immaginare quanto l’impresa sia diventata ardua a tal punto che la partenza programmata per le ore 9.00 slitta automaticamente alle 11.00 e passa.

Questo ritardo, comunque, non ha scoraggiato gli organizzatori dell’escursione odierna, già pianificata la sera precedente in un “incontro al vertice”, che si presenta di media difficoltà e, per il “Parco del Pollino”, in alta quota (1.500 s.l.m.).

Già alla partenza il numero dei partecipanti all’escursione si riduce a 21, essendo venuti meno Filippo ed Isa e Nicola ed Ester con il piccolo Francesco, innescando una sorta di selezione naturale dovuta essenzialmente al freddo al quale andiamo incontro, infatti, nonostante il cielo terso riempito dal calore di un sole splendente, appena arrivati, con le auto, a quota 1.150 il ghiaccio sulla strada e la coperta di neve sono sufficienti a far desistere dall’impresa anche Renzo e Maria (con i piccoli Valeria e Dario) ed il febbricitante Stefano con Francesca, riducendo pertanto il gruppo a 15 partecipanti i quali, in pochi minuti, sono pronti ad affrontare freddo, neve e ghiaccio pur di “visitare” un luogo fino a ieri sconosciuto a tutti compresi la nostra guida Gianni ed il “chiusino” Corrado.

Manca poco a mezzogiorno quando, zaini in spalla, ci mettiamo in marcia per un sentiero “battuto” da alcuni vacanzieri che, di tanto in tanto, incrociamo già sulla via del ritorno, tanto da rendere difficile per qualcuno appartarsi in privacy per esigenze fisiologiche stimolate dal freddo pungente.

Bastano poche centinaia di metri per veder dissolvere voci ed orme, di gioiosi bambini che giocano con la neve e di coppie che passeggiano scambiadosi baci amorosi fra i tiepidi raggi che filtrano nel bosco particolarmente curato e pulito. Immediatamente dopo, infatti, veniamo “catapultati” in uno scenario immacolato ed ovattato che “Madre Natura” mette a disposizione di tutti coloro che, come noi, apprezzano queste meraviglie a tal punto da avere paura di “danneggiare”, al nostro passaggio, l’ambiente che ci circonda; tanto che, senza alcun preventivo accordo, voltandoci indietro l’unico segno del nostro passaggio risultano essere due sole orme continue, tracciate dalla guida e successivamente marcate da tutti gli altri partecipanti, come a voler dimostrare il massimo rispetto verso il paesaggio fiabesco che ci circonda.

Dopo circa due ore di cammino raggiungiamo un bellissimo laghetto ghiacciato “Lago d’Erba” (per capirne il significato forse ci toccherà tornare in primavera dato che di erba non se ne vedeva neanche un filo), circondato da un’aria insolitamente sulfurea, anche questo sito puntualmente segnalato e protetto da una bella staccionata circolare.

Alcune foto immortalano i protagonisti della “favola” e subito si riprende il cammino verso la cresta che ci attende senza alcuna fretta. La salita ci propone scenari sempre più ampi e panoramici ma ci costringe, allo stesso tempo, a proteggerci sempre più nei nostri indumenti per far fronte al freddo incalzante.

La cresta è vicina ma l’impresa non è facile per la troppa neve caduta nei giorni precedenti che si lascia “bucare”, dai nostri scarponi, fino alle ginocchia.

Sono le 14.00 ed i due ragazzi che sono con noi, Ettore di Gabriella e Adriano di Daniele, cominciano ad accusare un po’ di stanchezza ed i morsi della fame; a loro si unisce anche Vito il quale arriva a desistere dall’impresa, battendo ritirata, portandosi con se anche Rocco L. e Teresa… peccato.

Siamo rimasti in dodici, irriducibili e determinati e, nonostante il freddo ci attanagli, raggiungiamo dopo pochi minuti la cresta dove, alla vista di un panorama mozzafiato, consumiamo, in piedi ed in movimento per non congelare, un fugace spuntino per riprendere quanto prima la via del ritorno, non avendo, tra l’altro, che poche ore di luce.

 … questo è il momento in cui la nostra escursione subisce una   svolta e si trasforma in “avventura”…

 infatti, piuttosto che tornare indietro sui nostri passi, si decide di percorrere un tratto di cresta per poi ridiscendere da un’altra vallata per il rientro.

Attraversare un bosco in cresta, con la foschia e le ghette che scompaiono nella neve ad ogni passo, mi ha dato l’impressione di camminare in un enorme freezer naturale dove tutto intorno è bianco e gli alberi sono cristallizzati sotto l’effetto del ghiaccio.

Rocco T. ed Elena hanno qualche problema di congelamento alle estremità ma nessuno di noi si lamenta perché siamo troppo impegnati a camminare ed ammirare questo scenario irreale, tanto che Gianni e Corrado si lasciano andare a raffiche di scatti fotografici.

Sarà stato per le “distrazioni” che ci concedevano i luoghi o per un errore di valutazione delle carte che, alcune ore dopo, nel momento in cui siamo sicuri di essere vicini alle auto, in realtà ci rendiamo conto di trovarci in tutt’altra zona e, pertanto, nonostante il buio sia già calato su di noi, non ci rimane altro da fare che tracciare un nuovo percorso che ci riporti al punto di partenza.

Le due ore e passa seguenti sono fra le più memorabili della mia attività escursionistica, insieme  a quelle vissute nelle acque delle “Gole di Ricigliano” (vedi articolo Trek 44 “Io speriamo che me la cavo…”).

Infatti, a parte qualche mugugno o lamento che si ode a turnazione fra i partecipanti meno predisposti (e mi meraviglio che fra loro vi sono anche Rosa, Carmela e Luciana) per il resto si procede muti, compatti ed in fila indiana vivendo questa esperienza unica per tutti.

Le torce bucano l’oscurità solo di tanto in tanto per la lettura degli strumenti di orientamento, per il resto una bella luna quasi piena vigila su di noi filtrando fra gli alberi i suoi fasci di luce per illuminare in ostri passi e disegnare le nostre sagome sulla crosta di neve che si forma per il gelo notturno e che crepita rompendosi sotto i nostri passi.

Il cielo scuro sembra un’autostrada stellare dove, di tanto in tanto, lembi di nubi, spazzate da gelidi venti, corrono, tutte in un’unica direzione, come a voler raggiungere chissà quale meta ambita.

Buio sovrano…, rivoli gelati…, orme di animali più o meno note…, boschi di cristallo…, riflessi lunari sulla crosta…, ombre in movimento…, folate di gelidi venti…, crepitio dei passi…, sono stati i magici ingredienti che hanno contornato le ultime due ore di escursione, fino a quando avvistiamo  le auto uscendo dal bosco alle ore 20.00 circa.

Pochi minuti per cambiarci gli indumenti e dividerci nelle auto-igloo e dopo un’ora circa siamo di nuovo tutti uniti attorno ad un tavolo per consumare una gustosa pizza e per guardarci negli occhi colmi di una profonda felicità, non solo per la riuscita dell’impresa, quanto per le emozioni vissute e mai provate prima.

Un “Grazie” va alla nostra guida Gianni, promotore della involontaria “variante” sul percorso.

Un “Grazie” va al nostro “chiusino” Corrado, per averci ricondotto sulla retta via.

Un “Grazie” va a tutti noi per la riuscita “senza problemi” della stessa, soprattutto ai più giovani escursionisti “Adriano” ed “Ettore” che hanno goliardicamente partecipato imprimendo nelle loro menti, passo dopo passo, quegli oltre 15 Km. di difficile percorso in una situazione ambientale alquanto impervia.

Sono queste “situazioni” che trasformano una “normale escursione” in…

Una memorabile escursione

Gianni M.



4 GENNAIO 2004 : UN’ESCURSIONE guarda le foto dell'escursione

 

                                                IN LUCE…                                                       …ED OMBRA

Ore 7,30

Suona la sveglia, giù dal letto, finalmente (questa rete mi fa venire il mal di mare ed il cuscino il torcicollo, meno male che stasera si rientra e si dorme a casa)! Sollevo la serranda: il sole, invocato ed evocato dopo la pioggia di ieri mi fa pregustare una splendida giornata. Consueti rapidi preparativi, lascio il bagno libero a Luciana, veloce rifacimento dei miei bagagli, mi vedo il telegiornale.

 

Suona la sveglia, ecc. ecc. , esclamo : “C’è il sole!”; Luciana esclama : “Peccato, mi tocca scarpinare! Non potevamo fare i turisti?”. Alle 8.15 il telegiornale è finito, do fretta a Luciana: come sono diverse da noi le donne!

 

 

Ore 8,20

Giù a colazione e, subito dopo, insieme a Corrado, conteggi finali con l’albergatore: finalmente una persona sveglia e cortese (alcune volte c’è voluta molta pazienza ed ore di conti astrusi per  pagare ……esattamente quanto si era concordato mesi prima!). In pochi minuti tutto fatto.

Ma è possibile che bisogna chiedere sempre acqua calda in più a parte per poter bere un tè che non sia meno di un sorso? E’ sull’acqua del tè che devono risparmiare? In Italia non sanno proprio farlo, il tè. Ricevo numerose richieste circa l’ora di partenza, la strada, il percorso. Ma non avevo già detto tutto ieri sera a cena?

 

Ore 8,50

Fissiamo l’appuntamento per la partenza in auto alle 9.30, risaliamo in camera per lavarci i denti e chiudere i  bagagli. Gli amici con bambini al seguito hanno deciso di non venire con noi in escursione, mi dispiace perché il primo tratto sarà sicuramente su una strada, anche se innevata. A richiesta, spiego loro luoghi ed itinerari alternativi in paesi sull’itinerario di ritorno, dove poter passeggiare con prole al seguito.

Nicola vuole che gli spieghi la strada per andare in qualche posto con i bambini, e mi presenta una carta stradale dove in una pagina c’è tutta l’Italia meridionale!! Poco ci mancava che venisse con un mappamondo!

 

 

Ore 9,30

Mettiamo i bagagli in macchina: con la solita perizia degli escursionisti abituati a caricare e scaricare, in pochi minuti è tutto pronto ed il motore dell’auto viene acceso per riscaldarlo (questa volta sono ospite e la macchina è un diesel, una volta tanto non guido e potrò seguire l’itinerario sulla carta senza difficoltà). Renzo e famiglia con bambini decidono di venire con noi, li aspettiamo volentieri, tanto qualche minuto in più a chiacchierare al sole è piacevole.

Ho ancora da risalire su per portare giù bagagli (ma possibile che per 4 giorni ci vogliano tre quintali di roba?). Luciana, cui ho dato ancora fretta, risponde: “vedrai che non sarò l’ultima!”. Purtroppo ha ragione …. c’è sempre chi ritarda al quadrato. Secondo me arriveranno tardi anche al loro funerale. Nel frattempo, solite richieste: l’ombrello lo lascio? Le ghette servono? Avremo freddo, avremo caldo, avremo sete, quanto dura l’escursione, è lontano di qui, partiamo a piedi da qui, un panino basta, c’è tempo per riempire la borraccia? Ma non avevo già detto tutto ieri sera? Ma gli escursionisti non preparano tutto per tempo? Qualcuno si ricorda di non aver ordinato il panino (ma Corrado non aveva detto di prenotarsi ieri sera con l’albergatore, che impiega 10 minuti a panino?). 

 

Ore 10,35

Chi doveva dirlo che un’ora di chiacchiere al sole passasse così presto? Rimettiamo in moto le auto, spente per evitare di surriscaldarle, e partiamo. Non sono mai stato sul monte Caramola, e devo seguire la cartina topografica per beccare il punto giusto di partenza a piedi, meglio accendere il Gps, così al momento opportuno controllo senza perdere tempo.

 

Ca…volo, è passata un’ora e siamo ancora qui: appena ti distrai un po’ ti vola la giornata in chiacchiere e poi ti senti pure le critiche del  penultimo ritardatario (quello con soltanto 55 minuti di ritardo): “Ci muoviamo che sto facendo la muffa?”. I più intolleranti sono sempre gli intollerabili. Finalmente anche l’ultimo pargolo è impacchettato, si va! Per la miseria, guardare la strada e insieme la cartina, mentre cerco di far funzionare questo Gps che è diverso dal mio mi fa venire un po’ di mal d’auto; dannate tutte queste curve, ma non posso distrarmi, e non posso neanche rispondere alle domande di Luciana;  è tardi, resisto alla nausea e mi becco la prima sudata.

 

Ore 11,30

Eccoci arrivati finalmente, che bel posto, c’è giusto lo spazio per parcheggiare le auto, esattamente dove volevo, poi comincia la neve. Un rapido cambio di scarpe, su le ghette, zaino in spalla, uno sguardo alla cartina, pronti!

Come sempre mi tocca fare il parcheggiatore, altrimenti qui si fa notte (uno ha paura di avvicinarsi troppo al bordo strada dove c’è posto anche per un carro armato, un altro slitta nell’unica macchia di 30 cm quadrati di neve, un altro ancora per fare inversione di marcia si allontana di 2 Km). Renzo e famiglia, nonostante il sole, decidono di non fare a piedi neanche un piccolo tratto, temono per il più piccolo, che mostra sintomi di raffreddore. Mi dispiace, ma è normale che con i figli piccoli succeda, peccato soltanto che per aspettarli abbiamo perso più di un’ora di sole. Ovviamente, vengo bersagliato da una nuova serie di domande: metto le ghette da subito, saranno troppi otto panini, che dici tengo su la giacca a vento, ecc. ecc.? La mia è una missione, un’espiazione, o cosa?

 

Ore 11,42

Finalmente si cammina! L’aria è frizzante, ma non c’è vento ed il sole crea brillantezze variopinte sui cristalli di neve e ghiaccio, alla prima curva uno splendido panorama in controluce ci affascina e abbaglia. Via le giacche, ormai siamo ambientati, i ragazzi che sono con noi fanno un po’ di chiasso ma perlomeno sono entusiasti, oggi è un buon gruppo, camminiamo di buon passo.

Appena  accenno a muovermi vengo bloccato dalle donne che esigono di precederci per la consueta pipì sociale! Ci deve essere un motivo ancestrale per questo: in gruppo possono sorvegliarsi a vicenda e scoprire eventuali assalitori? Abbandonando sul terreno un micidiale mix di ormoni possono confondere l’odorato di qualsiasi belva? Finalmente un mix di acuti che, decodificato, significa “potete venire”, ci dà il via libera.

 

 

Ore 12,30

 

La pista è facile, la neve aumenta, raggiungiamo un’area da pic-nic dove su tavoli e panche ce n’è più di mezzo metro: che spettacolo! Il bosco è sempre più bello, compaiono i primi abeti, piccoli ruscelli e cascatelle disegnano geometrie variabili nel bianco altrimenti uniforme. 

 

Ma che bisogno c’è di chiacchierare così tanto e così ad alta voce? Per fortuna ecco un tratto con pendenza più accentuata: finalmente il silenzio! Ma bisogna farle proprio scoppiare di fatica per farle tacere un po’ ed ascoltare la natura?

 

Ore 13,15

Raggiungiamo il “Lago d’Erba”: che bello, ghiacciato e contornato da abeti carichi di neve. Un leggero odore di zolfo mi meraviglia, rapido sguardo in giro, no, nessuno ha acceso fiammiferi, evidentemente ci sono emanazioni sulfuree naturali, anche gli altri lo sentono. Tutti entusiasti, foto di gruppo. Entriamo nella “Riserva Naturale Rubbio” dopo aver liberato dalla neve un cancelletto, comincio a fotografare, è proprio suggestivo.

Non appena supero il cancelletto, qualcuno mi vede già scivolato nelle gelide acque sottostanti il ghiaccio del laghetto e mi avvisa di non andare oltre. Ma se c’è un apposito passaggio pedonale? Il qualcuno dice che potrebbe crollare!.... sotto c’erano ben 7 (sette) centimetri d’acqua.

 

 

Ore 14,15

Il paesaggio è veramente fantastico, il bosco è letteralmente ghiacciato, fotografo a più non posso, anche un cespuglio di rose selvatiche con bacche che sembrano caramellate dal ghiaccio, gli abeti sono splendidi, non avverto la fatica di aprire la strada a tutti gli altri sfondando nella neve, peccato soltanto che il sole sia andato via da  un po’, ma si sta bene e siamo quasi al punto di svolta per la leggera cresta che ho intenzione di percorrere al ritorno.

Anche oggi c’è qualcuno con la luna storta, chissà poi perché! Nei giorni scorsi mi aveva detto che questo era il tipo di percorso che gli piace di più, oggi non gli va bene, teme ….. per gli altri. Mi intimano di non fermarmi sempre a fotografare. Ma in genere non protestano quando non mi fermo mai? Qualcuno vuol fermarsi a mangiare, spiego che è meglio andare appena più oltre, raggiungere lo spartiacque e quindi il punto più avanzato dell’escursione, che sarà probabilmente molto panoramico. Incredibilmente si genera un battibecco, e vengono fuori ignoti problemi di tempo, fretta di rientrare per inviti a cena, ecc.ecc. Ma qualcuno non poteva dirlo prima di cominciare? Forse esagero nel rintuzzare,  ma qualche volta anch’io, come dice la consorte, sono umano e capita che mi tolga qualche spina. E’ difficile rimanere impenetrabile a tutti gli stimoli avversi e le energie negative che continuamente ti scaricano addosso!! QualcUno torna indietro per gli impegni gastronomici di cui sopra, altri due per comunanza di auto; un po’ mi dispiace per come è andato il fatto, un po’…. dovrei annotarlo nell’altra colonna?

 

 

Ore 14,25

Eccoci al punto di sosta, al limite del bosco: al di là la valle, in un turbine di nuvole e vento, ed il Pollino, subito nascosto dalle nuvole. Ma è bellissimo, scattiamo in fretta le foto per non gelarci e corriamo pochi metri più in là, al riparo: qui si sta bene, il panorama è ugualmente bello, qualcuno stende un telo sulla neve, facciamo colazione tranquilli.

Meno male che il posto è come mi aspettavo, alle volte a forza di ascoltare domande e dubbi ti lasci condizionare dalle persone e ti senti sempre sotto esame. Ma siamo escursionisti o un gruppo di dopolavoristi fantozziani?

 

Ore 14,55

E’ tempo di andare, la cresta sembra ben percorribile, almeno non torneremo sugli stessi passi, che è sempre deprimente, ma calcheremo invece ancora altre nevi intatte.

 

Corrado teme di arrivare col buio, ha certo ragione, ma non mi preoccupa più di tanto, al limite faremo al crepuscolo le ultime centinaia di metri, e poi mezzora più, mezzora meno, tanto quando si rientra a casa si va dritti a letto! Perché invece, le solite devono rinnovare sempre all’ultimo momento il solito rito sociale della pipì?

 

Ore 15,15

E’ semplicemente fantastico: non c’è tronco o ramo del bosco che non sia ricoperto da arabeschi di ghiaccio, avanziamo in un mondo bianco senza uguali, avevo già visto il fenomeno della galaverna, ma mai così eclatante. Le foto si moltiplicano, mio unico cruccio è di non avere con me la reflex, che mi avrebbe consentito maggiori possibilità di immortalare ogni particolare. Anche gli altri sono affascinati, il percorso è facile, la pendenza leggera. La nebbia, causata dalle nuvole, rende tutto ancora più fiabesco ed ovattato. La neve è buona, finalmente non si sfonda più su una crosta giacchiata,  si cammina agevolmente, la salita è fatta di leggeri falsopiani e in qualche punto dove c’è più pendenza la neve si gradina facilmente.

Dopo il primo entusiasmo per i festoni di ghiaccio i ragazzi, che comunque sono ragazzi, cominciano a stufarsi: “E quando si scende, e basta con queste salite, preferisco giocare con la playstation, ecc.”. Il problema sono i grandi, come sempre, che uno per volta (ma proprio uno per volta), devono fare pipì. Ho calcolato che mediamente, in un’escursione, si perdono dai 45 ai 75 minuti di soste tecnico-vescicali….. . La nostra amica di Arcangelo (Russia, nei pressi del circolo polare artico) mi dice chiaramente che di neve non ne può più, lei è in Italia per il sole, il mare, ecc. ecc. . Ha ragione, ma…..

 

Ore 16,00

Raggiungiamo il punto più alto della cresta (m 1581), la nebbia è fitta, non più di 20-25 di visibilità, ma il bosco è sempre bellissimo, anzi di più. Finalmente, da qui si scende rapidi alle auto, in meno di un’ora ci saremo. Un’ultima foto e via, da ora in poi non sentirò più proteste per i (leggerissimi) saliscendi.

 

Ma possibile che la gente pensi che le montagne siano tutte in pianura o addirittura in discesa? Meno male che da ora in poi è tutta discesa. Accidenti ai ragazzi, sembravano sul punto di crollare ed ora, appena intravista la discesa ecco che vanno davanti a me a rotta di collo, mi tocca inseguirli per fermarli ed evitare che si possano far male. Nulla da fare, mi stanno davanti e si meravigliano che io scenda con calma. Devo spiegare loro che è proprio in discesa che ci si fa male, e che uno che si è operato di menisco tre mesi fa è già molto che faccia escursioni su neve. Ma non sono soltanto i ragazzi che fanno i bambini, anche qualche adulto si lascia andare …..

 

Ore 16,35

La parte della discesa più ripida è finita, secondo i miei calcoli fra 10 minuti siamo alle auto, prima del previsto, ma questa pista va in un’altra direzione, la seguo per altri 100 metri, poi se non svolta la abbandono e vado dritto giù. Mi fermo un attimo a pensare, Corrado mi chiama, vado verso di lui.

 

 

Mi gridano da dietro di fermarmi. Ma perché ogni volta che mi urlano di fermarmi succede che sono già completamente fermo? 100 metri fa eravamo tutti insieme, come fanno ad essere già così indietro? Corrado mi dice che secondo il Gps siamo fuori strada, e che invece di 500 metri, alle auto mancano 3 Km in linea d’aria. Nell’immediato non ci credo, consultiamo la carta, l’altro Gps portato da Rocco, e infine la bussola. Non mi rendo conto del perché, ma cavolo, è vero! Per qualche secondo rimango frastornato, e, soprattutto, chi se li sente ora, tutti quanti compresa Luciana! Fra poco è buio, questa non ci voleva, ci tocca ora fare un lungo giro fuori pista in una zona accidentata, ma cosa diavolo è successo, dove ho sbagliato?

 

 

 

Ore 16,38

Anche se sta calando il buio nessuno manifesta paura, anche perché non siamo poi chissà dove e, soprattutto, ho sì sbagliato direzione, ma sappiamo esattamente dove siamo e poi fra strumenti, attrezzature, telefoni, ecc. abbiamo ogni possibilità di cavarci d’impaccio. Ricominciamo a camminare in direzione nord – nord-est. Il paesaggio è sempre bello, anzi la nebbia si è diradata e non crea più problemi. Un’altra esperienza è sempre una bella esperienza.

 

Ci tocca un lungo cammino, speriamo bene perché dovremo attraversare al buio alcuni ripidi valloncelli, il repentino silenzio degli altri non mi dice niente di buono. Li tranquillizzo minimizzando e cercando di trovare i lati positivi di una nuova esperienza, ma avrei preferito evitare. Da solo, o con pochi ma buoni, non mi avrebbe assolutamente preoccupato, ma siamo in dodici, di cui 2 ragazzi. Spero proprio che non vengano fuori inutili crisi di panico, sono sempre gli atteggiamenti negativi che si diffondono più facilmente ed a quel punto è difficile controllarli. Ma è dura fare l’ottimista sempre e comunque. Ma dove diavolo avrò sbagliato direzione? Il percorso era lineare!

 

Ore 18,00

E’ buio pesto, vado avanti da solo, gli altri seguono le mie tracce a qualche decina di metri, consulto ogni cinque minuti la carta e la bussola, non mi faccio più fregare. E’ splendida anche questa marcia, è sorta la luna ed il chiarore fa sì che la lampada frontale sia quasi sempre spenta, tranne nei passaggi difficili, che sono tanti. Indico la strada agli altri che seguono quasi allegri: come ho già sperimentato altre volte il buio diminuisce le pendenze, rende facili i passaggi dei ruscelli, maschera le difficoltà del percorso.

Ogni tanto i ragazzi imprecano, e l’oggetto …. sono io, che dovrei essere ucciso con le torture peggiori. Dicono di essere distrutti, ma nelle soste dove trovano la forza di percuotere a pugni e calci la neve,  simulando di avere me di sotto? Gli adulti ridono, ma sotto sotto la pensano uguale. La marcia prosegue lentamente, perché le lampade frontali sono poche! Ma quante volte ancora dobbiamo ripetere che si tratta di un oggetto indispensabile, da avere al seguito sempre. E’ come guidare senza cinture, che non servono mai, ma quella volta che servono …..

 

Ore 19,00

La luna disegna luminosità e scenari fantastici nelle vaste radure del bosco, mentre sugli alberi miliardi di cristalli di ghiaccio che sembrano diamanti mi lasciano a bocca aperta. La cima del monte Caramola è qui sopra, sembra di poterla toccare; nuvole veloci coprono e scoprono la luna facendo muovere le ombre che mutano di forma. Che peccato non potersi fermare, anche gli altri sono ormai tranquilli, il tratto peggiore è alle spalle, hanno ripreso a chiacchierare ed, addirittura, ammirano lo spettacolo.

 

Quasi quasi tiro fuori la macchina fotografica …. meglio di no,  non vorrei che mettessero in pratica le mille torture che i ragazzi continuano ad inventare per me. Si lasciano andare a considerazioni sull’essere irrimediabilmente persi nella notte e nella bufera.  Faccio notare che se fossino d’estate a quest’ora saremmo ancora al mare, che non c’è vento e non fa freddo, e che le luci giù nella valle sono del paese che tra poco raggiungeremo in auto. Peccato, gli attimi più belli ed irripetibili ….. sempre di corsa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 19,47

Ormai siamo arrivati, è fatta, un ultimo guado reso complicato dal fango;  ecco le auto a 10 metri da me. E’ vero che prima ho sbagliato e non so ancora perché, ma adesso ho beccato il punto al metro dopo chilometri al buio! Nel silenzio, da dietro mi giunge un “bravo!”.

 

Accidenti, il fango degli ultimi 30 metri mi ha sporcato le scarpe, peccato, sai che soddisfazione tornare dopo questa sorta di scarpinata con le scarpe pulite. Cavolo! “Attento, non di là, cadi!!!” Negli ultimi 2 (due) metri stava per cascarmi il ragazzino, seguito da qualche adulto, nella profonda scarpata stradale: sarebbe stato il colmo. Ancora una volta vale la regola che gli incidenti peggiori avvengono negli ultimi 50 metri, possibile che non imparino che non bisogna mollare l’attenzione proprio all’ultimo? Perché devo sempre fare il cane da pastore? Quel “bravo!” di prima era sincero? In genere lo sono soltanto le critiche, che non mancano mai e poi mai!

 

Ore 19,48

Siamo tutti sani, salvi, tutto sommato asciutti, alle auto.

L’incanto è finito, siamo alle auto.

 

Ore 19,55

Tutti d’accordo: per finire degnamente, prima di arrivare a Bari, ci si ferma in una nota pizzeria. Tutti commentano il paesaggio unico che abbiamo ammirato.

Apprendo di un ripetuto scambio di telefonate intercorso tra uno di noi ed Uno di quelli che avevano abbandonato l’escursione. Ulteriore chiamata:  fine della preoccupazione o della sajetta?

 

 

Ore 22,15

Davanti ad una pizza ed a fiumi di birra il mondo è sempre bello. Sono, anzi, siamo tutti allegri per l’esperienza fatta e finita bene (salvo l’amica proveniente da Arcangelo, che ha avuto tanto  freddo).

 

Continuo a pensarci, e lo dico pubblicamente: non so dove ho sbagliato! Non abbiamo corso nessun serio rischio, avevamo ampi margini di sicurezza e tranquillità, ma mi sento terribilmente di friggere!

 

Ore 23,15

Questa pizzeria è proprio buona, e non si paga neanche tanto. Ora a casa.

Ma dove diavolo ho sbagliato?

 

Ore 23,50

L’avventura è finita, siamo a casa.

L’avventura è finita, siamo a casa.

 

L’emozione di una magiaguarda le foto dell'escursione

 

Qualcuno dice che il destino di ognuno è già scritto. In questo caso anche il CAT ha potuto constatare che …era già deciso così.

Infatti, la scelta di passare il fine anno ed i primi giorni del 2004 è ricaduta su Castelluccio solo dopo una serie di trattative risultate inutili. Ci siamo ricordati di aver trascorso alcuni anni fa delle belle giornate alloggiando all’Hotel Sette e mezzo di Castelluccio Superiore e…la prima fase del destino si era già compiuta.

Abbiamo in breve tempo esaurito le prenotazioni e formato una corposa spedizione. Non voglio fare però un dettagliato “diario di bordo” dei quattro giorni trascorsi in questo splendido posto e, quindi, non me ne voglia Massimo se lo ringrazio per la squisita ospitalità con poche parole e non si offendano tutti i componenti del gruppo se mi permetto di ricordare solo la piacevole presenza di un manipolo di bambini che hanno reso ancora più “familiare” questa vacanza. Non voglio esaurire con poche righe il tempo allegramente trascorso in Hotel giocando a burraco, tombola (visto che premi ??!!) o esercitandoci in faticosissimi addominali da tavola-   Non si offendano i fantastici panorami che abbiamo potuto ammirare dal Monte Messina e dal Monte Zàccana; quelle emozioni sono scolpite nelle nostre memorie e, parzialmente, nelle nostre macchine fotografiche.  Quello che voglio raccontare è la magia che il destino aveva riservato agli ultimi temerari nella giornata del 4 gennaio.

Avevamo già da tempo preparato questa escursione che avrebbe avuto luogo sulla via del ritorno verso Bari. Nei nostri programmi sarebbe dovuta essere una media escursione di qualche ora ma…di nuovo il destino interviene: partiamo con un’ora abbondante di ritardo dall’albergo e arriviamo al punto di partenza che sono già le 11,30. Qualche altra defezione e la salita verso il Monte Caramola inizia.

Su strada inizialmente asfaltata, ma comunque ricoperta da una decina di centimetri di neve, ci innalziamo rapidamente fino ai 1311 metri di Fonte Preziosa.  Lo spettacolo è di un candore abbagliante ed una breve sosta si rende necessaria. La vicina sorgente ci invita a bere l’acqua limpida e fresca (non gelata!) che sgorga. 

Riprendiamo a salire ( probabilmente su sterrata, visto che ora lo spessore del manto di neve è aumentato e non si riesce a vedere il suolo) immergendoci lentamente in un bel bosco. In brevissimo tempo raggiungiamo il Lago         

 

Come in tutti i romanzi gialli che si rispettino, l’assassino torna sempre sul luogo del delitto. Con la doppia motivazione di fare altre foto con la fotocamera reflex e di scoprire l’arcano errore di rotta, sabato 10 gennaio ho rifatto la stessa escursione con due amici extra-CAT, cioè di quelli che vanno avanti fino alla morte senza problemi. Ed infatti, niente problemi, una giornata e foto ben riuscite, un’escursione tranquilla ed in silenzio, una full immersion nella natura come Dio comanda senza rotture di sorta, panorami da sballo, e … l’arcano svelato con l’aiuto delle tracce nella neve: ad un certo punto, all’inizio della discesa, subito dopo quota 1581,  le mie orme piegano a sinistra di 90° (invece di proseguire diritto), giusto dove la nebbia impediva di vedere 20 metri più oltre la cresta che continuava, e giusto dove due serie di impronte più piccole, calpestate dalle mie, erano alternate ad una chiara traccia di allegri ruzzoloni nella neve.

Ho trovato il motivo dello sbaglio, però la colpa resta la mia, mi sono lasciato distrarre un attimo e non dovevo. A tutto il gruppo è concesso di distrarsi in qualsiasi momento, a me no, mai! Ma, cavolo, dalla prossima volta chiunque mi precederà anche di un solo metro sarà inesorabilmente spezzato di gambe!

Con affetto, ma inesorabilmente spezzato di gambe.

                                                                                                                                                     Gianni P.

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