Qualcuno dice che il
destino di ognuno è già scritto. In questo caso anche il CAT ha potuto constatare che …era già deciso così. Infatti, la scelta di passare il
fine anno ed i primi giorni del 2004 è ricaduta su Castelluccio
solo dopo una serie di trattative risultate inutili. Ci siamo ricordati di aver
trascorso alcuni anni fa delle belle giornate alloggiando all’Hotel Sette e
mezzo di Castelluccio Superiore e…la prima fase del
destino si era già compiuta. Abbiamo in breve tempo esaurito
le prenotazioni e formato una corposa spedizione. Non voglio fare però un
dettagliato “diario di bordo” dei quattro giorni trascorsi in questo splendido
posto e, quindi, non me ne voglia Massimo se lo ringrazio per la squisita
ospitalità con poche parole e non si offendano tutti i componenti
del gruppo se mi permetto di ricordare solo la piacevole presenza di un
manipolo di bambini che hanno reso ancora più “familiare” questa vacanza. Non
voglio esaurire con poche righe il tempo allegramente trascorso in Hotel
giocando a burraco, tombola (visto
che premi ??!!) o esercitandoci in faticosissimi addominali da
tavola- Non si offendano i fantastici
panorami che abbiamo potuto ammirare dal Monte Messina e dal Monte Zàccana; quelle emozioni sono scolpite nelle nostre memorie
e, parzialmente, nelle nostre macchine fotografiche. Quello che voglio raccontare è la magia che
il destino aveva riservato agli ultimi temerari nella
giornata del 4 gennaio. Avevamo già da tempo preparato questa escursione che avrebbe avuto luogo
sulla via del ritorno verso Bari. Nei nostri programmi sarebbe dovuta essere
una media escursione di qualche ora ma…di nuovo il destino interviene:
partiamo con un’ora abbondante di ritardo dall’albergo e arriviamo al punto di
partenza che sono già le 11,30. Qualche altra defezione e la salita verso il
Monte Caramola inizia. Su strada inizialmente
asfaltata, ma comunque ricoperta da una decina di
centimetri di neve, ci innalziamo rapidamente fino ai 1311 metri di Fonte
Preziosa. Lo spettacolo è di un candore
abbagliante ed una breve sosta si rende necessaria. La vicina sorgente ci invita a bere l’acqua limpida e fresca (non gelata!) che
sgorga. Riprendiamo a salire (
probabilmente su sterrata, visto che ora lo spessore
del manto di neve è aumentato e non si riesce a vedere il suolo) immergendoci
lentamente in un bel bosco. In brevissimo tempo raggiungiamo il Lago d’Erba,
completamente gelato; un forte odore di zolfo tradisce la presenza di una
sorgente sulfurea in zona. Dopo qualche foto ci inoltriamo
in uno spettacolare bosco di abeti bianchi; la neve abbondantissima ed
improvvisi rigagnoli semi ghiacciati completano questo quadro. La nostra
presenza variopinta dà quasi fastidio agli occhi, ma la voglia di immagazzinare
visivamente quel paesaggio è davvero forte.
Dopo pochi metri di
salita, in piena località Ciuccio morto, altre tre
defezioni; rimaniamo in dodici (dieci adulti e due ragazzi) ed è solo a noi che
il destino riserva ciò che a breve si compirà. Dopo circa un chilometro
dall’ultima defezione ci fermiamo per un frugale
pranzo; sono le 14,30 circa. Ci ripariamo in un
avvallamento; pochi metri più in là il freddo è
davvero intenso ed il vento taglia il naso. Lo spettacolo però è davvero
emozionante. Il massiccio del Pollino è lì, maestoso, davanti a noi. Solo
qualche varco di azzurro del cielo ci convince che non
è una visione in bianco e nero. L’unico commento possibile di questa sensazione
è il silenzio che ci circonda. Verso le 15,00 decidiamo
di ripartire alla volta della cresta del Caramola. Ancora un centinaio di metri di dislivello in
salita ed inizierà la discesa… Ed ancora il destino lascia
una traccia…forse quella decisiva. Sappiamo bene che faremo
appena in tempo ad arrivare con la luce alle macchine; procediamo però
lentamente forse per la salita, forse per la tanta neve o forse perché ci
fermiamo ad ammirare ogni particolare che questa cresta ci riserva: la leggera
foschia che avvolge la vegetazione, le sculture di ghiaccio sui rami degli
alberi, il fascino di questa cresta sottile ma accogliente. Qualcuno di noi avverte
un desiderio irrefrenabile di rotolarsi nella neve, altri non perdono occasione
per scattare foto e probabilmente altri immaginano il momento in cui, dopo una
bella doccia calda, mangeranno qualcosa di nutriente. Alle 16,30 il destino si
compie: ecco la discesa, l’entusiasmo di essere vicini
alle auto(!!), un canalone ingannevole. La luce lentamente si
affievolisce, il responso del GPS è inappellabile:
siamo fuori pista. Dovremo aggirare il Monte Caramola
in direzione prima NO e successivamente NE risalendo
leggermente. Controlliamo le lampade (oramai la luce solare è un tiepido
ricordo), il cielo è coperto, il timore di far tardi aumenta; all’improvviso
tutto si trasforma in una esperienza irripetibile… La luna piena squarcia
prepotentemente le nuvole ed illumina intensamente il tappeto di neve sul quale
da tempo camminiamo. Il cielo è un
manto di stelle, ci sarebbe da fermarsi per ore ad ammirarlo. Il freddo
diventa una sensazione secondaria : è tutto troppo
bello, troppo unico… Quella sensazione di
“smarrimento” che ha preso in un primo momento qualcuno di noi, lentamente
sparisce per far posto a qualcos’altro. Il silenzio da favola che
ci circonda è rotto solamente dalle luci in lontananza di Mezzana Torre e Villaneto e dai nostri passi che affondano nella neve
rompendo il sottile strato ghiacciato. La fatica si fa sentire,
ma la magia che stiamo vivendo compensa ogni sforzo. Sembra un paesaggio
Lappone, l’immagine di un film o il ricordo d’infanzia di una favola
natalizia. E’ solo in momenti come questi che vengono
messe alla prova in maniera netta le nostre sensazioni, la nostra resistenza fisico-mentale e i nostri ricordi. In quel contesto quasi irreale abbiamo la consapevolezza che le
nostre sensazioni sono l’unica novità ad alterare decisamente l’equilibrio ambientale. Il riflesso lunare fa
brillare le piccole stalattiti di ghiaccio sugli alberi e ci rendiamo
conto che nessuno di noi ha acceso la
torcia. Gli occhi si sono abituati al chiarore lunare e godono
di quei giochi di luce e di quelle penombre. L’inizio della discesa ci
preannuncia l’arrivo alle auto; un sottile brivido di
dispiacere mi attraversa. Quella magia sta per terminare. Alle 20,00 siamo alle
auto, ognuno racchiuso nei propri pensieri.
Decidiamo così di fermarci tutti a mangiare una pizza per “esorcizzare”
la giornata. Il responso
del GPS, successivamente, sarà impietoso : circa 600 metri di dislivello e
quasi 16 Km lineari. Oggi, mentre scrivo, mi
rendo conto che nonostante non abbiamo una foto di quelle ore, il ricordo è
fortissimo ed indelebile. L’emozione di questa
magia non è ancora terminata. Corrado P. Ancora oggi, davanti ai
miei occhi, corrono immagini vive e pregne di emozioni
che non sarei in grado di trasmettervi con queste righe. Se volessi usare i “colori”
della natura, il bianco ovattato ed immacolato della neve ed il nero delle
tenebre, dipingerei nella vostra mente un paesaggio irreale e senza colori. Ma tutto ciò stimola comunque la mia mente nel cercare di rappresentare il
vissuto di una esperienza bella quanto unica… Castelluccio
Superiore (PZ), 4 gennaio 2004. Lasciare l’albergo che ci
ha ospitati, quando si hanno da raccogliere “armi e
bagagli” risalenti addirittura all’anno precedente, non è cosa facile per molti
dei 26 componenti il gruppo, se a questo aggiungiamo la presenza di alcuni
bimbi in tenera età allora sarà facile immaginare quanto l’impresa sia
diventata ardua a tal punto che la partenza programmata per le ore 9.00 slitta
automaticamente alle 11.00 e passa. Questo ritardo, comunque, non ha scoraggiato gli organizzatori
dell’escursione odierna, già pianificata la sera precedente in un “incontro al
vertice”, che si presenta di media difficoltà e, per il “Parco del Pollino”, in
alta quota (1.500 s.l.m.). Già alla partenza il
numero dei partecipanti all’escursione si riduce a 21, essendo venuti meno
Filippo ed Isa e Nicola ed Ester con il piccolo Francesco, innescando una sorta
di selezione naturale dovuta essenzialmente al freddo al quale andiamo
incontro, infatti, nonostante il cielo terso riempito
dal calore di un sole splendente, appena arrivati, con le auto, a quota 1.150
il ghiaccio sulla strada e la coperta di neve sono sufficienti a far desistere
dall’impresa anche Renzo e Maria (con i piccoli
Valeria e Dario) ed il febbricitante Stefano con Francesca, riducendo pertanto
il gruppo a 15 partecipanti i quali, in pochi minuti, sono pronti ad affrontare
freddo, neve e ghiaccio pur di “visitare” un luogo fino a ieri sconosciuto a
tutti compresi la nostra guida Gianni ed il “chiusino” Corrado. Manca poco a mezzogiorno
quando, zaini in spalla, ci mettiamo in marcia per un sentiero “battuto” da
alcuni vacanzieri che, di tanto in tanto, incrociamo
già sulla via del ritorno, tanto da rendere difficile per qualcuno appartarsi
in privacy per esigenze fisiologiche stimolate dal freddo pungente. Bastano poche centinaia
di metri per veder dissolvere voci ed orme, di gioiosi bambini che giocano con
la neve e di coppie che passeggiano scambiadosi baci
amorosi fra i tiepidi raggi che filtrano nel bosco particolarmente curato e
pulito. Immediatamente dopo, infatti, veniamo “catapultati” in uno scenario
immacolato ed ovattato che “Madre Natura” mette a disposizione di tutti coloro che, come noi, apprezzano queste meraviglie a tal
punto da avere paura di “danneggiare”, al nostro passaggio, l’ambiente che ci
circonda; tanto che, senza alcun preventivo accordo, voltandoci indietro
l’unico segno del nostro passaggio risultano essere due sole orme continue,
tracciate dalla guida e successivamente marcate da tutti gli altri
partecipanti, come a voler dimostrare il massimo rispetto verso il paesaggio
fiabesco che ci circonda. Dopo circa due ore di
cammino raggiungiamo un bellissimo laghetto ghiacciato “Lago d’Erba” (per
capirne il significato forse ci toccherà tornare in primavera dato che di erba non se ne vedeva neanche un filo),
circondato da un’aria insolitamente sulfurea, anche questo sito puntualmente
segnalato e protetto da una bella staccionata circolare. Alcune foto immortalano i
protagonisti della “favola” e subito si riprende il cammino verso la cresta che
ci attende senza alcuna fretta. La salita ci propone scenari sempre più ampi e
panoramici ma ci costringe, allo stesso tempo, a proteggerci sempre più nei
nostri indumenti per far fronte al freddo incalzante. La cresta è vicina ma
l’impresa non è facile per la troppa neve caduta nei giorni precedenti che si
lascia “bucare”, dai nostri scarponi, fino alle ginocchia. Sono le 14.00 ed i due
ragazzi che sono con noi, Ettore di Gabriella e
Adriano di Daniele, cominciano ad accusare un po’ di stanchezza ed i morsi
della fame; a loro si unisce anche Vito il quale arriva a desistere
dall’impresa, battendo ritirata, portandosi con se anche Rocco L. e Teresa… peccato. Siamo rimasti in dodici,
irriducibili e determinati e, nonostante il freddo ci attanagli, raggiungiamo
dopo pochi minuti la cresta dove, alla vista di un panorama mozzafiato,
consumiamo, in piedi ed in movimento per non congelare, un fugace spuntino per
riprendere quanto prima la via del ritorno, non avendo, tra l’altro, che poche
ore di luce. … questo è il momento in cui la nostra
escursione subisce una svolta e si
trasforma in “avventura”… …infatti, piuttosto
che tornare indietro sui nostri passi, si decide di percorrere un tratto di
cresta per poi ridiscendere da un’altra vallata per il rientro. Attraversare un bosco in
cresta, con la foschia e le ghette che scompaiono nella neve ad ogni passo, mi
ha dato l’impressione di camminare in un enorme freezer naturale dove tutto
intorno è bianco e gli alberi sono cristallizzati sotto l’effetto del ghiaccio. Rocco T.
ed Elena hanno qualche problema di congelamento alle
estremità ma nessuno di noi si lamenta perché siamo troppo impegnati a
camminare ed ammirare questo scenario irreale, tanto che Gianni e Corrado si
lasciano andare a raffiche di scatti fotografici. Sarà stato per le
“distrazioni” che ci concedevano i luoghi o per un errore di valutazione delle
carte che, alcune ore dopo, nel momento in cui siamo
sicuri di essere vicini alle auto, in realtà ci rendiamo conto di trovarci in tutt’altra zona e, pertanto, nonostante il buio sia già
calato su di noi, non ci rimane altro da fare che tracciare un nuovo percorso
che ci riporti al punto di partenza. Le due ore e passa seguenti sono fra le più
memorabili della mia attività escursionistica, insieme a quelle vissute
nelle acque delle “Gole di Ricigliano” (vedi articolo
Trek 44 “Io speriamo che me la cavo…”). Infatti, a parte qualche
mugugno o lamento che si ode a turnazione fra i partecipanti meno predisposti
(e mi meraviglio che fra loro vi sono anche Rosa, Carmela e Luciana) per il
resto si procede muti, compatti ed in fila indiana vivendo questa
esperienza unica per tutti. Le torce bucano
l’oscurità solo di tanto in tanto per la lettura degli strumenti di orientamento, per il resto una bella luna quasi piena
vigila su di noi filtrando fra gli alberi i suoi fasci di luce per illuminare
in ostri passi e disegnare le nostre sagome sulla crosta di neve che si forma
per il gelo notturno e che crepita rompendosi sotto i nostri passi. Il cielo scuro sembra
un’autostrada stellare dove, di tanto in tanto, lembi
di nubi, spazzate da gelidi venti, corrono, tutte in un’unica direzione, come a
voler raggiungere chissà quale meta ambita. Buio
sovrano…, rivoli gelati…, orme di animali più o meno note…, boschi di cristallo…,
riflessi lunari sulla crosta…, ombre in movimento…, folate di gelidi venti…,
crepitio dei passi…, sono stati i magici ingredienti che hanno contornato le
ultime due ore di escursione, fino a quando avvistiamo le auto uscendo dal bosco alle ore 20.00
circa. Pochi minuti per
cambiarci gli indumenti e dividerci nelle auto-igloo e dopo un’ora circa siamo di nuovo tutti uniti attorno ad un tavolo per consumare una
gustosa pizza e per guardarci negli occhi colmi di una profonda felicità, non
solo per la riuscita dell’impresa, quanto per le emozioni vissute e mai provate
prima. Un “Grazie” va alla
nostra guida Gianni, promotore della involontaria
“variante” sul percorso. Un “Grazie” va al nostro
“chiusino” Corrado, per averci ricondotto sulla retta via. Un “Grazie” va a tutti
noi per la riuscita “senza problemi” della stessa, soprattutto ai più giovani
escursionisti “Adriano” ed “Ettore” che hanno goliardicamente partecipato
imprimendo nelle loro menti, passo dopo passo, quegli oltre 15 Km. di difficile
percorso in una situazione ambientale alquanto impervia. Sono queste “situazioni”
che trasformano una “normale escursione” in… Una memorabile escursione Gianni M. 4
GENNAIO 2004 : UN’ESCURSIONE IN LUCE… …ED
OMBRA
Qualcuno dice che il
destino di ognuno è già scritto. In questo caso anche il CAT ha potuto constatare che …era già deciso così. Infatti, la scelta di passare il
fine anno ed i primi giorni del 2004 è ricaduta su Castelluccio
solo dopo una serie di trattative risultate inutili. Ci siamo ricordati di aver
trascorso alcuni anni fa delle belle giornate alloggiando all’Hotel Sette e
mezzo di Castelluccio Superiore e…la prima fase del
destino si era già compiuta. Abbiamo in breve tempo esaurito
le prenotazioni e formato una corposa spedizione. Non voglio fare però un
dettagliato “diario di bordo” dei quattro giorni trascorsi in questo splendido
posto e, quindi, non me ne voglia Massimo se lo ringrazio per la squisita
ospitalità con poche parole e non si offendano tutti i componenti
del gruppo se mi permetto di ricordare solo la piacevole presenza di un
manipolo di bambini che hanno reso ancora più “familiare” questa vacanza. Non
voglio esaurire con poche righe il tempo allegramente trascorso in Hotel
giocando a burraco, tombola (visto
che premi ??!!) o esercitandoci in faticosissimi addominali da
tavola- Non si offendano i fantastici
panorami che abbiamo potuto ammirare dal Monte Messina e dal Monte Zàccana; quelle emozioni sono scolpite nelle nostre memorie
e, parzialmente, nelle nostre macchine fotografiche. Quello che voglio raccontare è la magia che
il destino aveva riservato agli ultimi temerari nella
giornata del 4 gennaio. Avevamo già da tempo preparato questa escursione che avrebbe avuto luogo
sulla via del ritorno verso Bari. Nei nostri programmi sarebbe dovuta essere
una media escursione di qualche ora ma…di nuovo il destino interviene:
partiamo con un’ora abbondante di ritardo dall’albergo e arriviamo al punto di
partenza che sono già le 11,30. Qualche altra defezione e la salita verso il
Monte Caramola inizia. Su strada inizialmente
asfaltata, ma comunque ricoperta da una decina di
centimetri di neve, ci innalziamo rapidamente fino ai 1311 metri di Fonte
Preziosa. Lo spettacolo è di un candore
abbagliante ed una breve sosta si rende necessaria. La vicina sorgente ci invita a bere l’acqua limpida e fresca (non gelata!) che
sgorga. Riprendiamo a salire (
probabilmente su sterrata, visto che ora lo spessore
del manto di neve è aumentato e non si riesce a vedere il suolo) immergendoci
lentamente in un bel bosco. In brevissimo tempo raggiungiamo il Lago
Come in tutti i romanzi
gialli che si rispettino, l’assassino torna sempre sul
luogo del delitto. Con la doppia motivazione di fare altre foto con la fotocamera reflex e di scoprire l’arcano errore di rotta,
sabato 10 gennaio ho rifatto la stessa escursione con due amici extra-CAT, cioè di quelli che
vanno avanti fino alla morte senza problemi. Ed infatti,
niente problemi, una giornata e foto ben riuscite, un’escursione tranquilla ed
in silenzio, una full immersion nella natura come Dio comanda senza
rotture di sorta, panorami da sballo, e … l’arcano svelato con l’aiuto delle
tracce nella neve: ad un certo punto, all’inizio della discesa, subito dopo
quota 1581, le mie orme piegano a
sinistra di 90° (invece di proseguire diritto), giusto dove la nebbia impediva
di vedere 20 metri più oltre la cresta che continuava, e giusto dove due serie
di impronte più piccole, calpestate dalle mie, erano alternate ad una chiara
traccia di allegri ruzzoloni nella neve. Ho trovato il motivo
dello sbaglio, però la colpa resta la mia, mi sono lasciato distrarre un attimo
e non dovevo. A tutto il gruppo è concesso di
distrarsi in qualsiasi momento, a me no, mai! Ma,
cavolo, dalla prossima volta chiunque mi precederà anche di un solo metro sarà
inesorabilmente spezzato di gambe! Con affetto, ma
inesorabilmente spezzato di gambe.
Gianni P. | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||